mercoledì 18 gennaio 2012

L’arte nel lavoro di gruppo



Esiste una letteratura molto ricca sia sulla natura dei gruppi, sul modo in cui le persone si comportano al loro interno e sui motivi alla base di tali comportamenti, sia sugli approcci all’attività “terapeutica”, di riabilitazione ed educativa di gruppo.
Quasi sempre,nell’ambito della vita di gruppo vi sono aspetti di relazione e di comunicazione che si verificano a vari livelli e attraverso diversi canali:
·         All’interno dell’individuo

  •     Tra i membri
  •     Tra l’agevolatore del gruppo e l’individuo
  •     Tra l’agevolatore del gruppo e l’intero gruppo

La comunicazione e le relazioni possono essere verbali o non verbali e possono includere il linguaggio del corpo.

L’importanza dell’attività artistica in gruppo sta nel fatto che un oggetto o più oggetti vengono creati all’interno della vita del gruppo. Il modo in cui il lavoro viene svolto, il suo contenuto (palese o ignoto), il modo in cui esso viene recepito e usato influiscono su tutti i livelli di relazione e di comunicazione elencati sopra e a loro volta ne sono influenzati.
L’opera concreta e visibile che viene prodotta può essere vista e, di conseguenza, focalizzata; l’attenzione del gruppo direttamente stimolata dalle immagini si concentra su argomenti e questioni specifici.

L’attribuzione di una forma ad aspetti della nostra vita interiore e ai modi in cui noi interpretiamo il mondo consente una più rapida auto apertura ed auto esplorazione. Capita inoltre molto spesso che in breve tempo si venga a creare un forte senso di identità di gruppo.
L’oggetto creato può essere conservato e ripreso in un secondo momento, e si possono così fissare, in modo costante, gli sviluppi del singolo individuo e del gruppo. Il grado e il modo in cui vengono trattati gli aspetti delle dinamiche di gruppo dipendono poi sia dall’obiettivo perseguito dal gruppo sia dalla formazione e dallo stile adottati da chi lo gestisce.

“Non sono mai stato portato per le materie artistiche” o “sono assolutamente negato per il disegno” sono frasi che si sentono molto spesso da persone alle quali viene proposta l’idea di fare un lavoro artistico. Con queste affermazioni si comunica il fatto che, per molti, l’unica esperienza personale di creazioni artistica risale ai tempi della scuola e che quell’esperienza è stata, nella maggior parte dei casi, imbarazzante, umiliante o semplicemente noiosa.

E’ quindi necessario che l’operatore di un gruppo comprenda la paura  di “prestazione” degli utenti e cerchi di mettere le persone a proprio agio incoraggiandole a esprimere le proprie abilità creative naturali.
Questo processo può essere visto come una concessione del permesso. Quando le persone hanno la sensazione che le loro preoccupazioni riguardo all’attività artistica siano state ascoltate e che il modo di lavorare proposto sia accessibile, generalmente si assumono il rischio di provare a vedere che cosa succede.

Indipendentemente dall’attività, i gruppi possono mettere in evidenza i lati migliori e peggiori di coloro che vi fanno parte. Per i gruppi basati sull’Arteterapia sono di particolare importanza i fenomeni di transfert, controtransfert, identificazione e proiezione. A differenza di altri gruppi, basati invece sulla parola, tuttavia, l’immagine stessa, le tecniche della creazione artistica, l’atteggiamento delle persone verso il prodotto finito e il processo di creazione in sé aiutano a comprendere bene le varie dinamiche che si manifestano.

Creare “un’opera artistica” può essere spesso un’attività imbarazzante. Infatti, gli adulti possono produrre immagini infantili dal punto di vista della raffigurazione, e, per quanto l’elemento di gioco implicito permetta la regressione, è facile che essi si sentano insicuri nello svolgere un’attività che hanno abbandonato da bambini. Tutti questi fattori possono contribuire ad alimentare i rapporti di transfert e altri sentimenti proiettati all’interno del gruppo, sia positivi che negativi, ecco quindi che l’opera dell’agevolatore è di fondamentale importanza, è lui a guidare la danza e starà a lui con delicatezza, empatia, non giudizio, accogliere i vari vissuti e i bisogni che di volta in volta emergono.

La particolarità del lavoro in gruppo risiede nel fatto che le creazioni artistiche prodotte da ciascun componente evidenziano sia l’unicità che le differenze personali che si sono create all’interno del gruppo. Le emozioni e le esperienze personali di un individuo possono, inoltre innescare un processo di crescita e di cambiamento anche in un altro individuo.

L’interazione permette poi di sperimentare anche significative esperienze di apprendimento interpersonale: l’attenzione è rivolta ai processi che avvengono nel “qui e ora” e, attraverso l’autosservazione ed il feedback proveniente dagli altri, ciascun membro arriva a rendersi conto della natura del proprio comportamento e dell’impatto sull’esterno. Questa consapevolezza può produrre cambiamenti importanti nel comportamento, anche al di fuori del contesto “gruppale”, cambiamenti che favoriscono lo stabilirsi di relazioni interpersonali più soddisfacenti ed in grado di valorizzare l’autostima della persona.

Nei percorsi di gruppo una componente essenziale per un buon funzionamento è lo sviluppo, spesso lento e graduale, della fiducia reciproca, per una maggiore coesione e cooperazione. I membri arrivano a conoscersi in un modo nuovo, spesso la condivisione di esperienze artistiche di buon valore espressivo porta a riconoscere lo stile, i simboli immaginativi ed i temi emotivi degli altri individui.

Il Gruppo diventa così lo specchio del nostro sentire interiore divenendo un valido supporto per metabolizzare ed elaborare l’esperienza che si sta vivendo.

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con contributi tratti da:

J.Campbell
Attività artistiche in gruppo
Ed.Erickson

E.Giusti - I.Piombo
Arteterapie e Counseling Espressivo
Ed.Sovera

lunedì 16 gennaio 2012

Arte e "follia"



L'arte è invenzione, creatività, rottura degli schemi. La follia è ripetizione, fissazione, terrore di vivere, a volte violenza.Arte e follia non sono una coppia, possono qualche volta farsi compagnia ma non c'è un rapporto preferenziale fra loro. L'arte è un evento spesso piacevole e interessante mentre la follia è una condizione di vita difficile e dolorosa.
In questo contesto do al termine "Follia" uno statuto clinico, la definisco come patologia nella quale l'individuo è imprigionato dal suo stesso modo di pensare e di agire. Tutti gli individui che hanno una forte immaginazione e lavorano molto con la fantasia possono effettivamente creare opere nell'ampio contenitore delle arti, la storia delle arti visive e letterarie conosce parecchie persone che hanno raggiunto una grandezza e un riconoscimento, magari postumo, universale. Sono individui che riescono in qualche modo ad organizzare la loro dimensione immaginativa, le loro proiezioni deliranti e a costruire un'opera che pacifica, rappresentando la loro follia rendendola più tollerabile. 

L'arteterapia è un'esperienza che pone al centro della sua pratica il fenomeno espressivo. Le emozioni e gli affetti vengono veicolati sulla tela attraverso l'azione delle nostre mani e tali azioni oltre a liberare e a diminuire i nostri grovigli emotivi interiori promuovono un vero e proprio discorso simbolico in cui noi ci rappresentiamo. Questa è' una tecnica molto utile e funzionale nella cura delle psicosi e dei disturbi di personalità dell'età adulta.
Quando si parla di arte terapia in psichiatria si parla di una disciplina interna all'area di cura riabilitativa. Riabilitazione nel significato di “rianimazione” ossia ricominciare a pensare, fare circolare nuovamente dei pensieri per ricostituire un'anima.



L’arteterapia, esattamente come l'arte rende visibile ciò che non lo è, rende visibile quel che non è visibile e dà forma a quel contenuto interno, nella sua dimensione emotiva e affettiva.
Qual'è la dimensione di un contenuto affettivo ed emotivo? Può essere corporea, somatica, sono emozionato e sudo oppure ho le palpitazioni. C’è un effetto somatico che riguarda il corpo che non dice nulla però dell'emozione che provo. Sudo, ho il cuore che scoppia, a quale emozione si riferisce? Paura, gioia, dolore, rabbia, amore, etc. Bisogna provare a dare un nome, a nominare e a definire le emozioni che il mio corpo rappresenta cosi bene.
Nella misura in cui indico con la parola qualcosa che percepisco, definisco una connotazione che è per certi aspetti è un fermo immagine. Il fermo immagine è una dimensione di forma simbolica, è una simbolizzazione.
Nelle psicosi gravi come possono esserlo le schizofrenie, le rappresentazioni pittoriche, scultoree, grafiche non sono delle rappresentazioni di qualcosa come invece possono esserlo per noi.
Per il soggetto schizofrenico che configura visivamente questa cosa, la cosa non è una rappresentazione di se stesso ma è lui stesso. In questo essere la cosa che fa' sul foglio riesce a visualizzare per la prima volta se stesso come in una sorta di specchio. L'altra fondamentale caratteristica della forma visiva è che oltre a vederla posso toccarla con le mie mani perché è una forma tangibile che ha uno spazio fisico sul foglio.



È una forma in cui il “paziente” per la prima volta riesce a vedere qualcosa di se stesso perché comincia a esserci una minima relazione con l'arteterapeuta, che è accanto a lui.
Il “paziente” può così cominciare ad amare qualcosa che vede estraneo ed esterno a lui attraverso l’apprezzamento e la considerazione dell’arteterapeuta che riconosce, considera, apprezza e tocca la forma dell'oggetto raffigurato.
Ciò che avviene è la stessa cosa che accade a un bambino piccolo che vede qualcosa all’esterno della propria forma corporea e comincia a visualizzare e a toccare, realizzandolo come oggetto solo se qualcun altro lo riconosce come tale, amandolo e apprezzandolo o al limite anche rifiutandolo. Diventa un oggetto buono o cattivo, bello o brutto, amichevole o nemico, a seconda che l'altro lo indichi favorevolmente o meno. Lui ascolta, sente se c’è un legame di fiducia con l’altro, a poco a poco inizia il processo esperienziale di incontrare un altro e attraverso l'altro comincia ad avere qualche considerazione di se stesso.
Questo è il lento processo che avviene in un lavoro di arteterapia con la schizofrenia.
Essere schizofrenici vuol dire non esserci, non esserci su un piano della comunicazione verbale, vuol dire non avere una propria definizione del proprio corpo. Il proprio corpo può essere vissuto in una dimensione persecutoria. Ci possono essere rappresentazioni immaginifiche dello stomaco o delle parti del corpo che parlano che non vengono concepite più come organi interni ma come delle forme estranee alla persona.
Altri tratti della schizofrenia sono le allucinazioni visive e uditive, una chiusura sempre più ermetica della persona e un comportamento ripetitivo come fumare 100 sigarette al giorno e ingurgitare caffè con modalità compulsive.
La follia è una grande normalità delirante, la follia è fissazione, coazione, disperazione silenziosa e chiassosa.
Quando abbiamo a che fare con la disintegrazione, abbiamo a che fare con una persona che non si considera persona perché non si percepisce come tale, il fatto di disegnare e di rappresentare una forma sulla tela significa che io riesco a sentirmi io e a avere una minima percezione di me mediante la forma che ho rappresentato sulla tela e se questa forma viene riconosciuta, 'amata', posso reintegrarla come amore di me. Posso cominciare a volermi bene attraverso questa forma. Molto semplicemente è la costruzione di quel fondo originario che è il nucleo narcisistico primario che un individuo dovrebbe 'avere con sé' fin dalla  sua nascita. Questo nucleo narcisistico è un'eredità biologica, organica, e culturale,psichica,  della famiglia di appartenenza, madri, padri, nonni, etc. concorrono a costruire quello spazio di accoglienza e di vita che è il principale nutrimento per dare esistenza alla persona...non si vive di solo pane ma anche di qualcosa d'altro, nonostante il nutrimento biologico sia fondamentale. Posso finalmente sentirmi 'cosa buona' e quindi in prospettiva cominciare a volermi bene, a difendermi per proteggermi, a vivere.
Nella psicosi questo  nucleo narcisistico è bucherellato o molto raffazzonato. Il canale visivo è dunque in questi casi fondamentale perché ha una maggiore capacità di comunicazione rispetto a quello verbale in quanto costruisce forme  che possono dare avvio a un processo di simbolizzazione nella persona.
Si fa arte quando ci si libera da stessi e dalla propria condizione di sapere quel che siamo. L’arte è una grande elaborazione della nostra vita interiore.

 “ Ciò che a mio avviso l'uomo vuole di generazione in generazione  è reinventare  i modi nei quali l'apparenza può essere prodotta e riportata sul suo sistema nervoso più violentemente, più immediatamente di quanto sia stato fatto in precedenza perché ciò è già diventato una soluzione assorbita. Così ogni generazione deve reinventare l'apparenza”. F.Bacon



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Liberamente tratto da: