domenica 7 ottobre 2012

Perché l’arte aiuta a ri-trovarsi….. (II parte)



“ La semplicità non è uno scopo per l’arte,si giunge alla semplicità malgrado se stessi,avvicinandosi al senso reale delle cose “ C.Zervos

Continuiamo ad esplorare le caratteristiche che fanno dell’Arte un mezzo per ri-trovare se stessi
.
Creare un prodotto tangibile

Nel lavoro artistico diviene di particolare importanza creare con le nostre mani qualcosa di unico e di speciale. Nel corso della storia umana l’arte è stata usata per abbellire e decorare seguendo questa inclinazione a fare qualcosa di unico che è un nostro autentico bisogno.
Alcuni sono in grado di produrre con la pittura o la scultura creazioni straordinarie, altri si limitano a vestirsi in maniera speciale per un’occasione importante o a cucinare piatti elaborati per un evento. Tutti questi modi di fare qualcosa di particolare si collocano sul piano visivo e rispondono tutti ad un aspetto fondamentale del comportamento umano.

Durante un percorso di ArtCounseling si creano prodotti tangibili. L’Artcounseling consente di realizzare qualcosa di duraturo che registra significati, esperienze ed emozioni.
Questa concretezza del prodotto è un vantaggio in quanto, oltre a mettere fuori di sé quello che crea disagio interiore,  permette di documentare idee e percezioni e riesaminarle in un secondo momento confrontandole con altre immagini.

Rivedere quello che si è prodotto nell’arco delle settimane consente di seguire lo sviluppo di temi, eventi, emozioni trovando la possibilità di cambiarne gli esiti.

Creare arte arricchisce la vita
La storia ci fa vedere come persone sottoposte a grandi stress abbiano trovato nell’arte il modo di esprimere e trasformare i conflitti interiori. L’opera creativa di Van Gogh e di atri artisti famosi testimonia questo bisogno.

Secondo Maslow, quando sono soddisfatti i bisogni elementari – cibo,alloggio e sicurezza – le persone manifestano un forte impulso all’auto-espressione. Ma anche quando sono privati delle più elementari necessità alcuni si sforzano ugualmente di esprimersi attraverso le arti.
L’arte non solo può aiutarci a rivelare paure, angosce e altre emozioni stressanti, ma tocca anche l’animo umano negli aspetti più spirituali. Se è vero che la famiglia, il lavoro e gli altri aspetti della vita possono appagarci, le esperienze creative dell’arte possono metterci in contatto con parti di noi inaccessibili alle altre attività.

Secondo Rollo May, grazia, armonia e bellezza ed equilibrio rientrano fra le qualità che caratterizzano le arti visive. L’arte può offrire trascendenza, permettendoci di contemplare e immaginare possibilità nuove attraverso l’espressione visiva e di vivere noi stessi in maniera rinnovata. Tale processo creativo offre occasioni di crescita e cambiamento, conducendo all’individuazione, cioè al raggiungimento del proprio completo potenziale.

Infine, l’arte è un’attività piacevole che rianima, riempie di energia e dà godimento. Le persone sono più vivaci e allegre mentre si dedicano a queste attività e più disposte a comunicare con gli altri una volta terminata l’opera.

Si ritiene che il lavoro artistico renda più flessibili, a realizzare se stessi e a sfruttare le proprie risorse e modalità creative nella soluzione dei problemi.
Se è vero che i due aspetti fondamentali dell’ArtCounseling sono il processo creativo e la comunicazione simbolica, ci sono anche altri aspetti che possono essere considerati fonte di ben-essere.
Al livello più semplice è un’attività che favorisce l’autostima, incoraggia a sperimentare e assumersi rischi, insegna nuove abilità e arricchisce la vita.

Chiunque può fare arte

Un pregiudizio diffuso è che per trarre giovamento da un percorso di Artcounseling sia necessario avere talento artistico. Alcuni temono che se non riescono a produrre lavori artisticamente accettabili il percorso non avrà successo.

L’Artcounseling invece non richiede nessuna preparazione specifica. Disegnare, dipingere e altre forme d’arte sono semplici metodi di espressione accessibili a tutti, indipendentemente dall’età o dalle capacità naturali.

In altre parole, chiunque ha la possibilità di essere creativo attraverso l’espressione artistica.

L’arte come modo di conoscere.

Disegnando, dipingendo, facendo un collage o scrivendo una poesia, cominciamo il processo di esplorazione delle nostre credenze profonde
Possiamo scoprire la ragione del dolore o trovare le fonti della gioia e del potenziale creativo.

L’arte inevitabilmente racconta la nostra storia personale in tutte le sue dimensioni: emozioni, pensieri, esperienze, valori e convinzioni.

Nel processo per rendere tutto ciò visibile mediante l’arte, ci si offre un modo di conoscere noi stessi da una prospettiva nuova e l’opportunità di trasformare tale prospettiva.


mercoledì 3 ottobre 2012

Perché l’arte aiuta a ri-trovarsi….. (I parte)



“ L’arte può essere definita – e utilizzata –
come la mappa esteriorizzata del nostro
se interiore.”Peter London

In un percorso di ArtCounseling la produzione artistica del cliente può aiutarlo a comprendere meglio le sue dinamiche interiori arrivando lì dove il linguaggio non ha ancora parole per esprimersi. Ed è proprio il processo che egli compie per arrivare a quel particolare manufatto la chiave che può aprire la serratura della sua consapevolezza.
Il processo artistico ha quindi, in questo caso, proprietà riparative, trasformative e di auto-esplorazione.

Vediamo ora nello specifico in che modo tutto questo si attua.

Pensiero visivo
Il pensiero visivo è la capacità di organizzare per mezzo di immagini i nostri sentimenti, pensieri e percezioni riguardo il mondo circostante. Usiamo  spesso nella vita quotidiana agganci visivi per riferirci a persone e cose. Tutti conosciamo la frase fatta “un’immagine vale più di mille parole”, o modi di dire sui colori, tipo”verde d’invidia”, “umor nero” o “visione rosa”.
Designiamo e definiamo il mondo mediante descrizioni visive, pensiamo per immagini, usandole spesso per rappresentare idee e sentimenti.
Jung, di cui è noto l’interesse per i simboli visivi nei sogni e nell’arte, sottolineava l’importanza che le immagini rivestono in un percorso terapeutico. Osservava che, lasciando che uno stato d’animo si incarni in una immagine onirica o artistica, lo si comprende più chiaramente e in profondità sperimentando le emozioni che vi sono contenute.
In anni recenti si è scoperto che le esperienze traumatiche spesso sono codificate nella mente sotto forma di immagini ed è del tutto naturale che questi ricordi riemergano come immagini visive. L’arte diventa quindi uno strumento unico per esprimere immagini traumatiche, riportandole alla coscienza in maniera meno minacciosa.

Esprimere quello che le parole non possono esprimere.
A tutti noi è capitato di sentire che certe esperienze ed emozioni sono difficili o impossibili da esprimere a parole. In un percorso di artcounseling le persone sono incoraggiate a esprimere quello che non sanno dire a parole con il disegno, la pittura o altre forme artistiche.
Non essendo un processo lineare vincolato dalle regole del linguaggio verbale (sintassi, grammatica, ortografia, logica), l’espressione artistica è in grado di esprimere simultaneamente molti aspetti complessi.
La terapeuta Harriet Wadeson, una delle pioniere nell’uso dell’arte in campo terapeutico’ parla a questo proposito della matrice spaziale dell’arte: la capacità dell’arte di comunicare relazioni usando linee, forme e colori. Per esempio, spiegare le relazioni fra i membri della propria famiglia può essere difficile, ma disegnando o dipingendo è facile illustrare simultaneamente i diversi tempi, luoghi e legami che li coinvolgono. Quello che richiederebbe una prolissa esposizione verbale può essere espresso più rapidamente da un singolo disegno.
Elementi ambigui, enigmatici o perfino contraddittori possono confluire nella stessa immagine perché l’arte, a differenza del linguaggio, non ha regole di struttura e di organizzazione.
Questa capacità dell’arte di abbracciare elementi paradossali è di grande aiuto per integrare e sintetizzare emozioni ed esperienze conflittuali.

Esperienza sensoriale.
L’arte è un’attività manuale: implica costruire, disporre, mescolare, toccare, modellare, incollare, disegnare, spillare, dipingere, forgiare e altre esperienze concrete.
Disegnare, dipingere e scolpire sono anche esperienze psicomotorie, hanno cioè carattere sensoriale in quanto chiamano in causa vista, tatto, cinestesia, udito e altre modalità sensoriali a seconda dei mezzi usati.
Da bambini, quando scarabocchiamo su un foglio, giochiamo con i materiali o facciamo giochi di fantasia, impariamo attraverso i sensi. Queste esperienze, secondo lo psicologo Eugene Gendlin padre del Focusing implicano un “significato sentito”, la consapevolezza corporea di situazioni, eventi o persone.
Oltre al pensiero, il “significato sentito” è un modo di dare senso alle cose, che ci aiuta a capire e valutare il mondo intorno a noi. Le qualità sensoriali del lavoro artistico ci danno modo di accedere alle nostre emozioni e percezioni più facilmente che attraverso le parole.

Liberazione emotiva
In termini psicologici si parla di “catarsi”. Il termine significa letteralmente “purificazione” indicando con questo l’espressione liberatoria di intense emozioni.
Fare un disegno, un dipinto, una scultura può essere catartico, in quanto offre sollievo da emozioni dolorose e disturbanti portandole fuori da sé.
Il processo in sé della produzione artistica può alleviare lo stress e l’ansia anche creando una risposta fisiologica di rilassamento o modificando lo stato d’animo. Sappiamo, per esempio, che l’attività creativa può di fatto aumentare il livello di serotonina nel cervello, combattendo così la depressione.
Inoltre il lavoro artistico è per alcuni una forma di meditazione che genera calma e pace interiore. Il carattere ripetitivo, rasserenante, che ha per alcune persone dipingere, disegnare o modellare la creta può indurre la risposta di rilassamento, con rallentamento del ritmo cardiaco e respiratorio e alleviare così lo stress.


…… segue nel prossimo post …….


lunedì 1 ottobre 2012

Il pensiero creativo e l'arte ....



Lynne Taetzsch - I flit through life -

La creatività è il rifiuto dello spirito di lasciarsi confinare e comprimere entro norme rigide.
Molte persone creative si vestono in modo eccentrico forse per questa istintiva ribellione agli schemi imposti, o per segnalare la loro indipendenza.

Un pensiero positivo non è né una cosa schematica, né rigida o imposta. La ripetizione meccanica di una formula “magica” inventata da altri, difficilmente cambierà in meglio la nostra vita.

Per cambiare davvero il nostro modo di pensare è utile che diventiamo “creativi”. Questo non significa necessariamente (ma neppure esclude) che ci verranno delle ispirazioni e aspirazioni artistiche di cui non sospettavamo l’esistenza. Tuttavia, qualunque lavoro facciamo e magari decidiamo di continuare a fare, qualunque sia il contesto generale della nostra vita, questa può acquisire maggior “colore”, più brio, una qualità davvero ben diversa e migliore, se il nostro pensiero sarà una creazione spontanea tutta nostra.

Coinvolgere entrambi gli emisferi cerebrali nella formulazione di un pensiero diventa allora di estrema utilità. Così come diventa utile coinvolgere tutti i sensi, tutte le percezioni.

Siamo abituati a “pensare i pensieri”, cioè a lasciarli esclusivamente allo stato larvale nella nostra testa? Ebbene proviamo a lasciare che si trasformino in bellissime farfalle. Impariamo a scriverli e a disegnarli …..

Ritenete di non saper disegnare o non aver mai disegnato? Non importa! Anzi, forse è meglio, perché il vostro stile, personalissimo e unico, non ha ancora subito imposizioni.

Ecco di seguito un esercizio per mettersi all’opera….

Vi servono carta, matita o biro e possibilmente alcune matite o penne colorate.

Ponete l’attenzione su un argomento che desiderate affrontare e portare verso una soluzione positiva.

Scrivete il titolo o la domanda su un foglio. Vi si presenteranno delle parole e delle immagini magari ancora vaghe e apparentemente poco collegate al problema stesso.

Scrivete ugualmente le parole chiave, nel colore che vi sembra esprimere meglio lo stato attuale delle cose. Di fianco mettete un colore che secondo voi esprime lo scopo da raggiungere, e una freccia dello steso colore.

Se a questo punto vi viene spontaneo abbozzare con un disegno la forma del vostro desiderio o scopo, fatelo, sempre con il “colore del futuro”, e fate annotazione di tutte le parole e tutti i concetti che vi si presentano al proposito. Non occorre che questi siano scritti in sequenza orizzontale o verticale, anzi: assegnate loro intuitivamente uno spazio sul foglio, senza per ora valutarne l’importanza.

Potete anche abbreviare, creare o scegliere dei simboli, dei vostri “geroglifici” personali.

I singoli punti di questo insieme di parole, segni e disegni possono essere collegati tra loro per individuare una sequenza delle singole azioni da seguire, o l’ordine di importanza che attribuite loro.

Un simile simbolo, magari colorato, potrebbe diventare un buon ancoraggio per ricordarvi regolarmente uno scopo, una meta da raggiungere, e i due emisferi cerebrali lavoreranno così insieme nella stessa direzione.

domenica 30 settembre 2012

Stelle notturne ... cercando la felicità


- Notte stellata - Van Gogh -


Le stelle con la loro luce vibrante lacerano la notte, proiettando lingue dorate nel cielo scuro, come vulcani emersi dall’abisso. Più in basso, un piccolo villaggio con le finestre illuminate. Intorno la massa scura della campagna e delle colline....

Forse in quella notte Van Gogh, mentre lavora alla sua tela, come molte altre volte avrà messo delle candele sul suo cappello, per riuscire a vedere nell’oscurità profonda. Questo quadro è stato dipinto durante il suo ricovero nel manicomio di Saint Remy in Provenza ; è proprio qui nella sua più profonda notte mentale che il suo spirito anela alla luce splendente della Provenza, agli sprazzi del sole, alla magia delle stelle .... di quei giorni così scrive al fratello Theo:”in un quadro vorrei esprimere qualcosa di consolante come una musica. Vorrei dipingere uomini o donne, con quel non so che di eterno, che un tempo era simboleggiato dal nimbo, e che noi cerchiamo per mezzo dello stesso sfavillio, la vibrazione delle nostre colorazioni”.

“Notte Stellata” magico incontro delle tenebre con la luce; nel momento in cui ogni gioia anche la più semplice sembra inafferrabile non resta altro che la luce delle stelle.....

A volte ci sentiamo così lontani dalla felicità da avere la sensazione che non esista più. E’ da tanto tempo che non ne percepiamo altro che l’eco lontana.
Abbandonare rinunciare? No quell’eco lontana è la prova che la felicità esiste davvero da qualche parte. Allora dobbiamo lottare. Non solo contro il mondo esterno, ma contro noi stessi. Contro le tenebre dell’anima che salgono in noi.
E più ancora non dobbiamo lottare solo “contro”, ma “per”: per non dimenticare la luce...

Vi sono poi degli strani momenti in cui la felicità squarcia improvvisamente la disperazione.... quando, nella solitaria notte della sua più cupa sofferenza Van Gogh, guarda il cielo, sentendo l’impellente bisogno di fermarlo sulla tela, vi trova forse dei motivi per essere felice, per sperare, per vivere....

Purtroppo abbiamo l’abitudine di associare la sofferenza alla creazione e proprio Van Gogh ha sicuramente contribuito ad alimentare questa convinzione.
Proviamo per un attimo a cambiare prospettiva, dimentichiamo le sue note biografiche  e osserviamo le sue opere per la maggior parte pervase da una luce quasi abbagliante quasi che il tratto pieno e dinamico anelasse a tuffarcisi dentro... l’esuberanza della natura lo avvolge e ad essa si rivolge nello sforzo estremo di non rassegnarsi... scriveva “è veramente nostro dovere dipingere gli aspetti ricchi e sontuosi della natura. Abbiamo bisogno di gaiezza e di felicità, di speranza e di amore..... “esprimere la speranza per mezzo di una stella, l’ardore dell’anima per mezzo dello splendore di un tramonto...”

E’ il gusto accanito per la vita che ha spinto Van Gogh a dipingere non solo le sue sofferenze ed è stata l’impossibilità a continuare a combattere che lo ha portato ad allontanarsi in un giorno di sole in mezzo ad un campo di grano...

domenica 1 luglio 2012

L'Espressione artistica nel Counseling - corso annuale di specializzazione in tecniche grafico/pittoriche, corporee e a mediazione teatrale




“A cosa serve l’Arte? A darci la breve ma folgorante illusione della camelia, aprendo nel tempo una breccia emotiva che non si può ridurre alla logica animalesca. L’Arte è generata dalla capacità propria dello spirito di scolpire la sfera sensoriale. L’Arte dà forma e rende visibili le nostre emozioni….”  Muriel Barbery

L’Arte è il prodotto di un processo creativo che si manifesta nelle più note forme d’espressione, in quanto suono, colore o movimento, e costituisce un’esperienza sia per l’autore che per il fruitore.
Il Counseling Espressivo consiste nella ricerca del benessere psicofisico attraverso l’espressione artistica dei pensieri, vissuti ed emozioni. Essa utilizza le potenzialità, che possiede ogni persona, di elaborare creativamente tutte quelle sensazioni che non si riescono a far emergere con le parole e nei contesti quotidiani. Per mezzo dell’azione creativa, sia essa un disegno,un movimento, una musica, l’immagine interna diventa immagine esterna, visibile e condivisibile e comunica all’altro il proprio mondo interiore emotivo e cognitivo.
L’arte permette un’espressione diretta, immediata, spontanea, arcaica ed istintiva di noi stessi che non passa attraverso la ragione.
L’ArtCounseling si basa sul concetto che ognuno ha in sé delle risorse proprie e un potenziale autorigenerativo che va semplicemente stimolato e il Counseling Espressivo si pone come obiettivo la riappropriazione di tale patrimonio in quanto può essere un valido sostegno nelle situazioni di difficoltà che la vita ci pone.
Attraverso un disegno, un colore si può contattare l’aggressività. Con la musica si può facilitare l’espressione dei sentimenti e con la danzamovimentoterapia e lo yogadanza il corpo è libero di esprimersi con il proprio linguaggio, al di là delle convenzioni. Attraverso il teatro si ha la possibilità di impersonare ruoli nuovi e mettersi nei panni degli altri.
La proposta formativa di ADYCA asd (Accademia DanzaMovimentoTerapia YogaDanza Counseling & Arteterapia) è finalizzata a strutturare abilità e competenze, che concorrono a definire e realizzare il profilo professionale dell’ArtCounselor, come integrazione specialistica ad un percorso già consolidato in Counseling o Psicologia (Laurea Triennale ), che dovrà operare a favore di categorie sempre più numerose di persone in diverse fasce d’età, e per interventi a valenza evolutiva,educativa, terapeutica (in equipe), e riabilitativa.

La scuola intende quindi formare gli allievi a competenze specifiche, affinchè diventino maestri di un codice linguistico diverso rispetto alla parola. Compito infatti dell'artcounselor è accompagnare l'utente nella scoperta del "fare" artistico, non rivolgendo l’attenzione all’interpretazione dei manufatti prodotti dal cliente, bensì focalizzando l’attenzione sul processo e sulla presa di consapevolezza e le risonanze che attraverso l’oggetto emergono nel cliente.

Obiettivi:
L’obiettivo del Corso di specializzazione in ArtCounseling è quello di formare operatori in grado di utilizzare le tecniche espressive nello specifico del loro settore professionale, di offrire la possibilità di attuare un percorso di crescita e di arricchimento grazie alla riscoperta dei linguaggi artistici, di progettare e condurre laboratori di arti terapie. Intende inoltre formare ai processi di salutogenesi e propone l’utilizzazione delle artiterapie per il loro sviluppo.

Contenuti:
  • Le Arti-Terapie: origini
  •  Principali approcci teorici
  • ArteTerapia e Counseling Espressivo affinità e differenze
  •  Il Setting
  • La Creatività: attingere al processo
  • L'attivazione dell'Emisfero destro
  • Sogni - Metafore e Fantasie Guidate
  • I materiali dell'ArtCounseling: sperimentazioni e risonanze
  • ArtCounseling come spazio della creatività e del gioco
  • Il gesto - il segno - la traccia: lo Scarabocchio, la figura emerge dallo sfondo
  • L'arte della comunicazione non verbale
  •  Comunicazione analogica attraverso il disegno
  • Ri-scopriamo i sensi: Vedere, Toccare, Ascoltare, Odorare,Gustare
  • I laboratori sensoriali attraverso i 4 elementi: Terra - Acqua - Fuoco - Aria
  •  L'arte visiva: la funzione mediatrice dell'immagine
  • Il foglio spazio del sè e del "possibile": il Collage
  •  Il colore: esplorazione - confronto - rappresentazione
  •   Meditazione creativa attraverso il colore
  •   Pittura emozionale: il con-tatto con la propria anima
  •   Il concetto di Identità: l'Autoritratto interiore
  •   La poetry therapy: le parole per dirlo
  •   Il Caviardage: trovare la poesia "nascosta"
  • Il Mandala, geometria esistenziale, spazio sacro del sè. Teoria e pratica.
  • I gruppi di ArtCounseling: struttura di un laboratorio
  •  Aree di intervento e destinatari
  • Simulate allievi
  • Counseling tra arte, corpo, movimento e Spiritualità
  • Introduzione a Nata Raja Yoga. Approccio corporeo in oriente e psicofisiologia Yoga.
  • Predisporsi allo Yoga: Yama e Nyama prime tappe del Raja Yoga.
  • Teorie e tecniche pricocorporee associate al plesso perineale.
  • Pratica fisica: gli Asana.
  •  Teorie e tecniche psicocorporee associate al plesso solare.
  • L'arte del Respiro: Pranayama.
  •  Teorie e tecniche psicocorporee associate al plesso cardiaco
  • Ritiro del Sè: Pratyara
  • Teorie e tecniche psicocorporee associate al plesso cardiaco.
  • Profonda attenzione: Dharana sui Mantra
  • Teorie e tecniche psicocorporee associate al plesso cervicale e faringeo.
  • La Meditazione: Dhyana
  • Teorie e tecniche psicocorporee associate la plesso pineale.
  • Spanda: la risonanza divina e Samadhi
  • Il Soffio della Dea Madre: suono , tecnica e mito della Danza del Ventre
  • TeatroTerapia. Lavoro sul corpo: rilassamento, postura, gestualità,ritmo, movimento nello spazio
  •  Educazione della voce
  •   Esercizi sulla fiducia e sull'ascolto.
  •  Improvvisazione teatrale
  • Studio e costruzione del personaggio
  • Simulate allievi


Metodologia:
La metodologia dei corsi e' teorico-esperienziale e promuove lo sviluppo personale oltre quello tecnico professionale in quanto impegna in modo vivo le risorse di ogni partecipante. La teoria non viene data in "astratto" ma in continua relazione con le esercitazioni e le esperienze pratiche.
Il desiderio di lavorare su se stessi e mettersi in gioco e' il requisito fondamentale alla partecipazione.

Il monte ore complessivo per la specializzazione in ArtCounselor è di 300 ore in 1 anno.
Le ore comprendono le materie teoriche e le attività esperienziali, di tirocinio didattico/professionale e di supervisione, ed ore di ricerca, studio e compilazione della tesi finale.

Criteri di ammissione
Diploma di Counselor o Laurea Triennale in Psicologia


per ogni ulteriore informazione scrivere a: adyca.asd@gmail.com
oppure:

Forte e fragile come la vita ....



Mandorlo in fiore - Vincent Van Gogh


“Mi sono alzato di notte e ho guardato il paesaggio. Mai, mai la natura mi è parsa così commovente, così delicata...” (Vincent Van Gogh)


Uno slancio verso l’azzurro. Fiori di mandorlo si protendono verso il cielo. Niente altro che il bianco dei  petali e il blu del cielo. Quasi una incarnazione della felicità: forte e fragile come la vita.
Van Gogh, esausto per via del caos interiore e della sua lotta contro la malattia psichica, si concentra sull’essenziale: lo slancio della vita verso l’alto, la trascendenza, il cielo. Sembra aver dipinto il quadro con la testa in alto, senza vedere nulla intorno a sé. Ha allontanato ogni forma di paesaggio per concentrarsi sull’unione tra i fiori e il cielo, il blu e il bianco, il terreno e il celeste...
Nello stesso modo ha tenuto lontano le sue sofferenze per trasmetterci per sempre la sua felicità di fronte ai fiori del mandorlo.

..... la natura procura un’armonia per connessione e appartenenza: niente altro che sentirsi vivi in mezzo a tutte le forme della vita, e capire che è una fortuna. Assaporare la gioia elementare di esistere......

“Segui la natura” i filosofi dell’Antichità avevano capito che esiste un legame organico tra la felicità e la natura, capace di portare un soffio vitale anche nelle menti più oscure....
La natura ci aiuta a capire e ad avvicinare la felicità in molti modi. Ci consente un attaccamento sereno e ancestrale al mondo che ci circonda: continuità del ritorno delle stagioni, quasi immutabilità dei paesaggi che amiamo, dei legami armoniosi tra piante e animali. Ci insegna a non aspettare niente di preciso: semplicemente esserci e goderne.
Per gli psicologi evoluzionisti, molti dei nostri comportamenti e dei nostri gusti sono le vestigia dei nostri bisogni animali ancestrali: se gli esseri umani sono così sensibili allo spettacolo di una bella natura è perché vi vedono la promessa di risorse per la loro sopravvivenza, di che mangiare, riposarsi, ripararsi.... Eppure, al di là del piacere che proviamo, si risveglia anche una profonda sensazione di appartenenza a un ordine che ci ingloba e va oltre noi stessi.
Per questa ragione noi non ci limitiamo ad osservare la natura, noi entriamo in connivenza con lei, ci avviciniamo alla nostra realtà più elementare: quella di esseri viventi. Non facciamo altro che immergerci nella natura, tornare a lei. Quando contempliamo un albero in fiore. Quando restiamo assorti a osservare il moto delle onde o delle nuvole...

..... tutta la felicità si origina in simili istanti di grazia. Fermarsi, tacere. Vedere, ascoltare, respirare. Ammirare. Accogliere le gioie nascenti. Esercitarsi lentamente a percepirle dovunque esse si trovino......

sabato 3 marzo 2012

Concetto spaziale .... attesa


Lucio Fontana - Concetto Spaziale - New York 10



E ti portavo nel mio sogno privato. 
Salvavo te da un incubo. 
E tu, tu salvavi me. 
Entravi nella piazza di una città ideale e nel suo museo, proprio quando il guardiano sorridendo diceva che era tardi, che stavano per chiudere. 
Poi ti toccavo nel letto, piazzale sconfinato. E c’eri. 
Figura indistinta di coperte e cuscino e capelli, parte di un’opera astratta alla ricerca di una forma armonica, di un assetto meraviglioso. 
Ti guardavo a lungo, non so se corpo o altro, indeciso, sospeso.....
Ed entravo nel quadro, inventavo sfumature: autrice e soggetto, autori e soggetti. 
Avresti creato qualunque paesaggio in quella tela smossa. 
Avresti detto ancora no e poi ancora sì e io, avrei mentito, uscendo dalla cornice, dall’armonia, da me...
Avrei ripensato il pensiero, e stabilito un fine.
Davanti alla perfezione di quella coreografia, al ritmo di quel canto.
Per ritornare alla tela, al bisogno di un nuovo, più efficace impulso creativo.

La vita, mio dolce...la vita, e non saperlo, non vederlo...
Pensare di tenere qualcosa, di salvarlo dalla calamità e, nel tentativo cieco, nello sforzo imponderato, strappare quella tela.... per poi ricominciare ....
E’ arte anche questa......

mercoledì 29 febbraio 2012

Sulla FELICITA’ ...... felicità d’infanzia

Vi ricordate la fine del post precedente? “Prendete un libro di Arte o se avete un artista preferito cercate nel web la vostra opera d’arte e poi … un po’ per gioco, che come sappiamo è un’attività molto seria, immergetevi nel dipinto e raccontate una favola …… “….


Ecco questo è il mio esercizio e le mie riflessioni …


 Claude Monet - Il giardino dell'artista a Vetheuil -

Come un ricordo di felicità: un grande giardino, il cielo blu con le sue nuvole che passano, grida e giochi di bambini, grandi fiori, una mamma che sorveglia da lontano.... luci, rumori, odori particolari.
Un bambino se ne sta di fronte alla natura che si apre davanti a lui.
Più indietro la sagoma rassicurante della casa e due figure familiari quella della madre e di un altro bimbo.
Davanti gli si apre la strada, che l’attira con tale forza che esita per un istante, prima di lanciarsi.... è perfettamente felice, e il tempo per lui si è fermato, sta assaporando questo istante di perfetto equilibrio tra noto e ignoto... immobilità e movimento... ha la sensazione di un futuro senza limiti, l’intuizione che ci sarà, ancora e sempre, un infinito di felicità da vivere....

“I bambini non hanno né passato né futuro, e, cosa che a noi succede affatto, godono del presente” (Jean de la Bruyere)

Il mio rapporto con la felicità ha un po’ a che fare con quello che immagino in questo quadro: un sottile equilibrio tra l’essere radicati e prendere il volo.
Il bambino che esita a lanciarsi nel giardino è un po’ come me stessa di fronte alla vita.

La felicità per me è concepibile solo nell’apertura al vasto mondo. Non può durare nel ripiegamento su se stessi, nella chiusura. Un perimetro angusto non è mai una scelta: di solito è dettato dal dolore o dalla paura, da percorsi di vita che ce lo hanno imposto come unica decisione possibile per la sopravvivenza.

Al contrario, l’istinto dell’infanzia si rivolge alla felicità in una dimensione più ampia.

D’altra parte un simile slancio è possibile solo se esiste una base “sicura” alla quale è possibile tornare. Il bambino non si lancerebbe mai in quell’impressionante giardino senza tali ancoraggi, senza essere convinto che la madre e la casa sono là per accoglierlo al ritorno dalle sue avventure.

La felicità non consiste nel restarsene chiusi nella propria casa, attaccati alle proprie radici. Ma può consistere nel ritrovarle, nel sapere che sono là mentre si è lontani....

...noi abbiamo bisogno di certezze, anche limitate, per tollerare l’incertezza dell’illimitato... avere salde radici per osare lanciarsi....

La felicità si nutre del libero gioco tra il noto e l’ignoto. Tra la tentazione dell’immobilità e della sicurezza – con il rischio della noia e del deperimento – e la  ricerca della sfrenata novità – con il rischio della superficialità e della vacuità .....

Guardo il bambino nel giardino: ha risolto il dilemma.... finito di esitare, si lancia....
Si lancia fiducioso tra le braccia della felicità......

venerdì 24 febbraio 2012

La favola della casa blu ...



Marc Chagall - La casa blu (1917)

Come ho più volte ho ripetuto nei vari post di questo blog, l’arte è un mezzo eccezionale per parlare di noi stessi offrendoci quel vocabolario emozionale che spesso non troviamo con le parole; in questo articolo vedremo come un’opera d’arte possa diventare un contenitore emotivo su cui proiettare parti di noi stessi.
Di seguito un esempio di come l’immagine di un quadro sia in grado di  stimolare il racconto di una favola….

“C’era una volta una casetta piccolina che se ne stava sola sola su una collina a guardare sempre, in lontananza, le belle case grandi del paese vicino. Tutti i giorni si chiedeva: “Chissà se un giorno anch’io diventerò bella e grande come loro? Magari potrò essere la principessa delle case e tutti mi ammireranno, perché anch’io avrò finestre bellissime, ampie e con vetri preziosi. Le mie mura saranno alte, colorate e piene di fregi importanti. Tutte mi invidieranno perché nessuna casa sarà così perfetta come sarò io!”
Ma il tempo passava e la casetta ogni tanto perdeva un pezzo, cadeva una finestra, si apriva una crepa nel muro, il tetto perdeva acqua in tanti punti e addirittura un bel giorno cadde giù la porta. Tutti potevano entrare senza chiedere permesso a nessuno e comunque lei restava lontana dalle altre case sempre sola a guardare. Poi si rese conto che tutte le ferite che venivano fatte alle sue mura e al suo tetto prima o poi l’avrebbero fatta crollare. Fu così che decise, che nonostante tutti i suoi buchi e i pezzi cadenti, doveva fare qualcosa. Non poteva arrendersi e anzi capì di dover partire proprio da quelle crepe, perché la Vita dà la possibilità a tutti di creare bellezza con quello che si ha. La primissima cosa che dovette fare fu quella di imparare a perdonare le altre case che l’avevano ignorata e lasciata sola per tanti anni e poi se stessa per tutti quei buchi e quelle crepe che aveva addosso. Non era per niente facile, ma l’aiutò moltissimo girare lo sguardo da altre parti.
Infatti iniziò a guardare in su, verso le vette del Mondo e in giù, verso le profondità della Terra e ciò che vide gli piacque moltissimo. Su vide Libertà e giù vide Verità. Cominciò così a sentirsi una casa piena, “sgarrupata”, ma piena. Questo non succedeva sempre, però adesso succedeva! La colpì tantissimo vedere che vicino a lei c’erano degli alberi che non aveva mai considerato e gli uccellini spesso si riparavano sotto il suo tetto. Il suo sguardo non arrivava più solo fino al villaggio, andava oltre e si accorse che dalla sua collina poteva vedere addirittura il mare. Ecco che improvvisamente in un bel giorno di sole, iniziò a cantare! Non era un canto perfetto tanto meno speciale, però era sicuramente un canto d’amore! Quel canto arrivava fino al paese delle belle case grandi che aveva osservato per tanti anni, ed ora erano proprio loro che guardavano lei! Ma lei ancora non capiva perché lo facessero: lei era solo una casetta piccolina diroccata e solitaria! Perché ascoltavano il suo canto? Perché la guardavano e sembrava la chiamassero? Non riusciva a capire!
Alla fine la piccola casetta si guardò e vide che era diventata tutta blu e nonostante tutte le ferite che aveva addosso era bellissima.
Non riusciva a crederci!
Anzi erano proprio quelle ferite, quelle crepe, la sua storia e la sua solitudine che l’avevano resa unica, irripetibile, blu e bella! ….. “

Antonella Orecchio

Corso di Antropologia Narrativa Istituto Solaris
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A questo punto perché non provare????
Prendete un libro di Arte o se avete un artista preferito cercate nel web la vostra opera d’arte e poi … un po’ per gioco, che come sappiamo è un’attività molto seria, immergetevi nel dipinto e raccontate una favola …… “C’era una volta …….”


sabato 11 febbraio 2012

I materiali dell’opera artistica: “comunicare” attraverso il medium artistico



In ogni esplorazione artistica e creativa, i mezzi operativi sono un dato fondamentale. Nel campo pittorico, l’utilizzo delle diverse tipologie di colori infonde al gesto creativo specifiche potenzialità energetiche oltre che tecniche.
La scelta del materiale utilizzato consente, poi,  a sua volta importanti considerazioni. 
In un setting di ArtCounseling questa scelta va lasciata al cliente, a meno che sussistano importanti motivi che giustifichino la decisioni di offrirgli un determinato stimolo.  La libera scelta ha, infatti, un rilevante significato legato alla personalità del cliente o al disagio che sta attraversando in quel momento e ci può dare importanti indicazioni su come procedere nel lavoro.
Non è assolutamente indifferente se qualcuno utilizza i pastelli oppure le cere o i gessi, le tempere, i colori digitali o l’acquerello. Sulla base delle esperienze, dove naturalmente le eccezioni confermano la regola, si può dire che, in genere, la scelta del materiale utilizzato per la rappresentazione è pilotata dall’inconscio e, proprio in quanto non è casuale, merita un’attenzione particolare.

Se qualcuno è tagliato fuori dai suoi ambiti emozionali, si può dire che vive esclusivamente “nella sua testa”, e quindi probabilmente eviterà i colori orientandosi spontaneamente verso la matita.
Il disegno eseguito con la matita su u foglio può essere facilmente cancellato, è quindi poco impegnativo. Prima di tutto il segno può essere tracciato in modo pallido e sottile sul foglio; inoltre, anche se con la matita si possono realizzare delle ombreggiature, il suo carattere resta tuttavia, sempre quello del tratto, che ben si presta a contenere qualcosa nei suoi contorni. Da cui possiamo dire che la matita esprime in genere una qualità astratta, teorizzante, è grigia o, in ogni caso, nerastra.
Per poter comunicare con la matita un’emozione profonda è necessario possedere una capacità artistica superiore alla media, oppure una carica di energia che lasci un segno nel disegno, definendolo, il che, come le persone che preferiscono questo mezzo, nella maggior parte dei casi è reso impossibile a causa di ristagni e blocchi emotivi.
In realtà, la parsimonia con la quale questi individui delineano soltanto i contorni delle cose non origina da una volontà di ridurre tutto all’essenziale, bensì da un “non poter dare” o “non voler dare”, da una paura che trattiene l’azione e che limita il darsi e l’impegnarsi.

Se si utilizza una matita colorata, è chiaro che le linee sono colorate e quindi anche più intrise di emozioni. Tuttavia questo sentimento è piuttosto rigido e freddo. Il colore dei pastelli è secco e duro, il tratto è sottile, la mescolanza delle tinte è problematica: solo l’applicazione ripetuta riesce a scaldare e ad amalgamare i colori.

Passiamo ai pastelli a cera , essi vengono stesi sul foglio con stratificazioni che formano una patina secca, compatta e variamente lucida. I colori non si mescolano con facilità; le sfumature, spesso, sono imprecise e mostrano una certa rigidità. L’applicazione dei pastelli a cera richiede forza e intensità, cosa che ben asseconda la loro caratteristica catartica e liberatoria. Essi sono particolarmente apprezzati dai bambini, che li utilizzano per sfogare, istintivamente, tensioni e conflitti. Il tratto è approssimativo e schematico, e proprio questa impossibilità di definizione consente l’esplorazione dei contenuti emotivi senza l’intervento critico della mente. Le tinte generalmente forti e imperative.

L’utilizzo dei gessi e dei pastelli a olio, al contrario, consente di esprimere sentimenti saturi, morbidi, densi. Essi sono mezzi che scorrono sul foglio con facilità, unendosi volentieri gli uni agli altri. La loro stesura è confortevole, il tratto è indefinibile ed emozionante. Ci aiutano a prendere coscienza delle profondità delle nostre emozioni, favoriscono la distensione e fluidificano il piano emotivo facendoci riflettere sull’effettiva disponibilità che abbiamo verso noi stessi. Lavorando con questo tipo di colori, si entra facilmente in uno spazio di intimità, in cui possiamo comprendere la vera natura dei nostri bisogni, trovando la necessaria morbidezza per viverli con intensità.

Con le tempere introduciamo un medium tra noi e il foglio: il pennello. Quando usiamo dei pastelli, di qualsiasi tipo essi siano, abbiamo il colore in mano e agiamo direttamente in modo istintivo. Invece, quando usiamo il pennello, solo la punta è imbevuta nel colore, e vi è comunque una distanza dalla mano. Questa distanza ci rende virtualmente testimoni e responsabili dell’azione. Tenendo il pennello in mano, improvvisamente diventiamo coscienti che l’opera richiede l’intima volontà di crearla, la piena responsabilità e ispirazione in ogni atto. Le tempere hanno una loro sobrietà, sono duttili e vigorose usandole possiamo imparare a prenderci la responsabilità delle nostre azioni e del nostro destino, affinandoci nel trovare soluzioni inaspettate e nuovi percorsi.

Il lavoro con gli acquerelli consente di lasciar trasparire le nuance più nascoste dell’animo. Negli acquerelli l’acqua è maestra, essa è materia misteriosa, fluida e incolore e rappresenta l’invisibile flusso della vita che scorre in ogni cosa.
Nella pittura ad acquerello è propriamente l’acqua che la fa da padrona: prendendo il colore muove la propria danza, tracciando fluorescenze cromatiche e imprevedibili incantesimi. Con questo strumento è difficile imporre la propria volontà bensì è necessario imparare ad assecondarlo  e a sedurlo. Chi è abituato a forzare la direzione della sua vita (con l’amara delusione che spesso ne deriva) ha molto da imparare dall’acquerello. Esso insegna il “lasciarsi andare” che non significa passività, ma una preziosa qualità di rilassata presenza, colma di attenzione e comprensione.

Mentre i colori ad acqua sono utili per lasciarsi fluire svelando i luoghi più delicati e impalpabili della nostra anima, i colori ad olio sono fortemente corporei, ricchi di sostanze e capaci di spessore. Con essi si può rappresentare tutto e tutto rimescolare. Asciugano lentamente e sono difficili da maneggiare. Hanno personalità forti e diverse, che a volte si amano e a volte si combattono sulla tela, così come accade nel gioco della vita. Il lavoro che impasta e stende i colori ad olio, scende in profondità nelle emozioni; in qualche modo il colore ad olio assorbe e contagia con una sorta di osmosi creativa che fa essere un tutt’uno con l’opera.

E per ultimo vediamo i colori acrilici; la pittura con questo tipo di colori è la più “asciutta” tra quelle a pennello. La stesura dei colori risulta omogenea e compatta. Ogni tinta ha la facoltà di ricoprire, è una pittura che è capace di razionalità e di precisione descrittiva. Proprio in questa sua nitidezza si esprime una forte spinta alla sintesi, un voler vedere chiaro. I colori acrilici si sposano bene al gesto volitivo che scaturisce dal processo di individuazione, capace di affermare o di negare ma forse non acora pronto  a emozioni profonde in cui lasciare che l’Io si diluisca nello stupore.

mercoledì 18 gennaio 2012

L’arte nel lavoro di gruppo



Esiste una letteratura molto ricca sia sulla natura dei gruppi, sul modo in cui le persone si comportano al loro interno e sui motivi alla base di tali comportamenti, sia sugli approcci all’attività “terapeutica”, di riabilitazione ed educativa di gruppo.
Quasi sempre,nell’ambito della vita di gruppo vi sono aspetti di relazione e di comunicazione che si verificano a vari livelli e attraverso diversi canali:
·         All’interno dell’individuo

  •     Tra i membri
  •     Tra l’agevolatore del gruppo e l’individuo
  •     Tra l’agevolatore del gruppo e l’intero gruppo

La comunicazione e le relazioni possono essere verbali o non verbali e possono includere il linguaggio del corpo.

L’importanza dell’attività artistica in gruppo sta nel fatto che un oggetto o più oggetti vengono creati all’interno della vita del gruppo. Il modo in cui il lavoro viene svolto, il suo contenuto (palese o ignoto), il modo in cui esso viene recepito e usato influiscono su tutti i livelli di relazione e di comunicazione elencati sopra e a loro volta ne sono influenzati.
L’opera concreta e visibile che viene prodotta può essere vista e, di conseguenza, focalizzata; l’attenzione del gruppo direttamente stimolata dalle immagini si concentra su argomenti e questioni specifici.

L’attribuzione di una forma ad aspetti della nostra vita interiore e ai modi in cui noi interpretiamo il mondo consente una più rapida auto apertura ed auto esplorazione. Capita inoltre molto spesso che in breve tempo si venga a creare un forte senso di identità di gruppo.
L’oggetto creato può essere conservato e ripreso in un secondo momento, e si possono così fissare, in modo costante, gli sviluppi del singolo individuo e del gruppo. Il grado e il modo in cui vengono trattati gli aspetti delle dinamiche di gruppo dipendono poi sia dall’obiettivo perseguito dal gruppo sia dalla formazione e dallo stile adottati da chi lo gestisce.

“Non sono mai stato portato per le materie artistiche” o “sono assolutamente negato per il disegno” sono frasi che si sentono molto spesso da persone alle quali viene proposta l’idea di fare un lavoro artistico. Con queste affermazioni si comunica il fatto che, per molti, l’unica esperienza personale di creazioni artistica risale ai tempi della scuola e che quell’esperienza è stata, nella maggior parte dei casi, imbarazzante, umiliante o semplicemente noiosa.

E’ quindi necessario che l’operatore di un gruppo comprenda la paura  di “prestazione” degli utenti e cerchi di mettere le persone a proprio agio incoraggiandole a esprimere le proprie abilità creative naturali.
Questo processo può essere visto come una concessione del permesso. Quando le persone hanno la sensazione che le loro preoccupazioni riguardo all’attività artistica siano state ascoltate e che il modo di lavorare proposto sia accessibile, generalmente si assumono il rischio di provare a vedere che cosa succede.

Indipendentemente dall’attività, i gruppi possono mettere in evidenza i lati migliori e peggiori di coloro che vi fanno parte. Per i gruppi basati sull’Arteterapia sono di particolare importanza i fenomeni di transfert, controtransfert, identificazione e proiezione. A differenza di altri gruppi, basati invece sulla parola, tuttavia, l’immagine stessa, le tecniche della creazione artistica, l’atteggiamento delle persone verso il prodotto finito e il processo di creazione in sé aiutano a comprendere bene le varie dinamiche che si manifestano.

Creare “un’opera artistica” può essere spesso un’attività imbarazzante. Infatti, gli adulti possono produrre immagini infantili dal punto di vista della raffigurazione, e, per quanto l’elemento di gioco implicito permetta la regressione, è facile che essi si sentano insicuri nello svolgere un’attività che hanno abbandonato da bambini. Tutti questi fattori possono contribuire ad alimentare i rapporti di transfert e altri sentimenti proiettati all’interno del gruppo, sia positivi che negativi, ecco quindi che l’opera dell’agevolatore è di fondamentale importanza, è lui a guidare la danza e starà a lui con delicatezza, empatia, non giudizio, accogliere i vari vissuti e i bisogni che di volta in volta emergono.

La particolarità del lavoro in gruppo risiede nel fatto che le creazioni artistiche prodotte da ciascun componente evidenziano sia l’unicità che le differenze personali che si sono create all’interno del gruppo. Le emozioni e le esperienze personali di un individuo possono, inoltre innescare un processo di crescita e di cambiamento anche in un altro individuo.

L’interazione permette poi di sperimentare anche significative esperienze di apprendimento interpersonale: l’attenzione è rivolta ai processi che avvengono nel “qui e ora” e, attraverso l’autosservazione ed il feedback proveniente dagli altri, ciascun membro arriva a rendersi conto della natura del proprio comportamento e dell’impatto sull’esterno. Questa consapevolezza può produrre cambiamenti importanti nel comportamento, anche al di fuori del contesto “gruppale”, cambiamenti che favoriscono lo stabilirsi di relazioni interpersonali più soddisfacenti ed in grado di valorizzare l’autostima della persona.

Nei percorsi di gruppo una componente essenziale per un buon funzionamento è lo sviluppo, spesso lento e graduale, della fiducia reciproca, per una maggiore coesione e cooperazione. I membri arrivano a conoscersi in un modo nuovo, spesso la condivisione di esperienze artistiche di buon valore espressivo porta a riconoscere lo stile, i simboli immaginativi ed i temi emotivi degli altri individui.

Il Gruppo diventa così lo specchio del nostro sentire interiore divenendo un valido supporto per metabolizzare ed elaborare l’esperienza che si sta vivendo.

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con contributi tratti da:

J.Campbell
Attività artistiche in gruppo
Ed.Erickson

E.Giusti - I.Piombo
Arteterapie e Counseling Espressivo
Ed.Sovera