Lucio Fontana - Concetto Spaziale - New York 10
E ti portavo nel mio sogno
privato.
Salvavo te da un incubo.
E tu, tu salvavi me.
Entravi nella piazza di
una città ideale e nel suo museo, proprio quando il guardiano sorridendo diceva
che era tardi, che stavano per chiudere.
Poi ti toccavo nel letto, piazzale
sconfinato. E c’eri.
Figura indistinta di coperte e cuscino e capelli, parte di
un’opera astratta alla ricerca di una forma armonica, di un assetto
meraviglioso.
Ti guardavo a lungo, non so se corpo o altro, indeciso,
sospeso.....
Ed entravo nel quadro, inventavo
sfumature: autrice e soggetto, autori e soggetti.
Avresti creato qualunque
paesaggio in quella tela smossa.
Avresti detto ancora no e poi ancora sì e io,
avrei mentito, uscendo dalla cornice, dall’armonia, da me...
Avrei ripensato il pensiero, e
stabilito un fine.
Davanti alla perfezione di quella
coreografia, al ritmo di quel canto.
Per ritornare alla tela, al
bisogno di un nuovo, più efficace impulso creativo.
La vita, mio dolce...la vita, e non saperlo, non vederlo...
Pensare di tenere qualcosa, di
salvarlo dalla calamità e, nel tentativo cieco, nello sforzo imponderato,
strappare quella tela.... per poi ricominciare ....
E’ arte anche questa......