Giovanna Lentini - Red Gallery -
Sono
almeno tre le caratteristiche che ci rivelano come il processo e lo sforzo
creativo nella produzione artistica possano avere una funzione “terapeutica”:
- La creazione di uno spazio di comunicazione flessibile con il proprio ambiente
- La capacità di saper distinguere tra mondo interno e mondo esterno, cioè tra fantasie, desideri, bisogni e realtà
- La capacità di regolare e trasformare le proprie emozioni.
Tutti
e tre questi fattori sono strettamente interconnessi e riproducono le
trasformazioni che caratterizzano la crescita cognitiva ed emotiva di ogni
persona, lo sviluppo, quindi dei processi di pensiero, la possibilità di vedere
gli oggetti del mondo reale e di elaborarne una rappresentazione mentale.
Nelle
arti-terapie la presenza di oggetti e il ruolo che questi assumono nel processo
appaiono di notevole importanza per comprendere la tecnica in quanto tale, lo
spazio di comunicazione che si viene a creare tra artcounselor (o arte
terapeuta) e cliente e i processi di regolazione emozionale.
Quando
si parla di “oggetti” ci si può riferire tanto a “oggetti pulsionali” ossia al
legame che si crea con l’agevolatore, per cui quest’ultimo diventa la “base
sicura” mancata e mancante, tanto a quegli oggetti concreti, come un disegno,
suoni, prodotti artistici. Questi ultimi oggetti sono più vicini a quello che la nostra
attività percettiva individua come appartenenti al mondo esterno e dotati di
specifiche forme e caratteristiche strutturali che diventano però, nell’ambito
della creazione artistica, simbolo di un “interno” che è impossibile fare
emergere in altro modo.
Simbolo,
nel significato etimologico di “mettere insieme” il fantasmatico, che corrisponde alla creazione di un secondo universo
esistente solo nella mente di chi lo attua; il cognitivo, per cui l’emergere del simbolo equivale al legare
mentalmente determinati eventi del mondo esterno e a fornire così una prima
chiave per una comprensione olistica del mondo esterno e l’affettività, che permette all’emergere del simbolo l’elaborazione
del dolore della separazione e il controllo delle emozioni.
Nello
sviluppo della trasformazione simbolica dei contenuti del mondo esterno secondo
la triplice valenza fantasmatica, cognitiva e affettiva si possono individuare
i confini dello spazio della creatività individuale. Spazio che diventa “area transizionale” , ciò che è a metà strada tra soggetto e oggetto. Nella misura
in cui creano e sostengono il legame affettivo, gli “oggetti transizionali” svolgono
un ruolo positivo e offrono una dimensione creativa che permette di superare l’angoscia
di separazione e di ritrovare ad un altro livello l’oggetto amato assente.
Lo
spazio di creatività suggerito da Winnicott è pertanto uno spazio che si fonda su
un uso attivo dell’illusione che spinge l’individuo a vivere, a modulare e
regolare le proprie emozioni utilizzando anche strumenti od oggetti che possono
appartenere all’esperienza artistica.
Setting
arte terapeutico quindi come uno spazio del possibile in cui nulla è sicuro se
non la possibilità stessa di far sì che molteplici eventi trovino un adeguato
contenitore.
Il
processo creativo si esplica, quindi, in un vivere pieno di significati, in un
adattamento alla realtà attivo. Non è l’arte che trasforma la realtà o che
cambia il mondo, ma può trasformare il linguaggio umano e l’uomo in quanto
tale. E’ chiaro, in tal senso, che è l’individuo in quanto “trasformato” dall’arte
che può poi tentare di trasformare la realtà con la sua vita e con la sua
capacità di vivere in maniera attiva a adeguata le proprie emozioni. Il
processo creativo non significa semplicemente originalità e libertà, ma implica
uno sforzo a trovare nuove oggetti allargando l’ambito dell’esperienza umana.
Attraverso
la regolazione delle emozioni è possibile trovare nuove forme espressive che
portano alla realizzazione di opere che stimolano la ricerca di significati che
prima era impossibile cogliere.
“ … tutte le arti che pratichiamosono un apprendistato di un’artepiù grande: la nostra vita”M.C.Richards
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