V.Kandinskiy - Studio sul colore: quadrati con cerchi concentrici -
[…]
Il colore, che in natura è richiamo, messaggio, incanto e seduzione, è “tinta
dell’apparenza” fuggevole e inesprimibile, spesso inafferrabile. Eppure il
colore è anche rivelatore degli strati più profondi degli affetti. […]
[…]
Infatti, la mancanza di colore nel mondo emotivo di una persona è indizio
sicuro di un “distanziamento” dall’oggetto, di una difesa dal coinvolgimento
emotivo. […]
[…]
Il colore è indubbiamente l’aspetto più misterioso e magico della natura, da
sempre fonte di meraviglia, giacchè sembra esprimere, all’apparenza, uno scarto
rispetto alla nuda necessità e ci appare come lusso e dispendio della natura
stessa, che si compiace di un surplus di bellezza, pur rivelandosi, a una più
attenta indagine, un messaggio “forte”, denso di significazioni: perciò gli
antichi facevano largo uso di sostanze colorate e coloranti, non soltanto in
funzione decorativa ed estetica, ma soprattutto secondo un intenzionalità
magica tesa a evocare e attualizzare le forze cosmiche naturali. […]
[…]
Il colore, quindi, è stato considerato una sorta di “forza sottile”, di anello
di congiunzione tra cielo e terra, assumendo un valore magico-sacrala, non
soltanto come evocazione, ma proprio anche come attualizzazione,
materializzazione delle segrete corrispondenze tra il mondo umano e il cosmo,
tra l’esperienza fisica-materica e quella spirituale, attraverso anche un
processo attivo di appercezione,un traslare il sé nell’universo della materia e
dello spirito, tanto da rivelarsi anche misteriosamente capace di influenzare
il nostro “soma”. […]
Matisse
diceva che i colori “sono delle forze” e il secondo principale effetto della
loro contemplazione consisterebbe nell’azione psichica e nelle emozioni che
possono suscitare in noi. […] Così i colori possono essere “acidi” o “dolci”,
“succosi” o “aridi”, “morbidi” o “duri” secondo una specie di processo di eco,
o di risonanza da una sensazione all’altra; come se il corpo fosse uno
strumento musicale le cui “corde” fisiche si espandano a risuonare nella
psiche.
I
colori possono essere profumati, ma anche sonori, e musicisti (come Schonberg)
e artisti (come Kandinskij) hanno tentato partiture cromatiche, “tingendo” di
colori i suoni e “musicando” colori. […]
[…]
Anche i sogni, che generalmente sono in bianco e nero, secondo un cromatismo
arcaico, tuttavia quando si “colorano” indicano tutta una gamma di situazioni
affettive, così che il colore diventi ancora una volta “segnale” di qualcosa
che deve essere evidenziato, e insieme “simbolo” di qualcosa di più profondo
che vuole essere svelato. In questo il colore si rivela anche simbolo, in
quanto appunto “significa”, rimanda a qualcosa di nascosto: il “significato”,
con una eccedenza di significazione che indica un plusvalore di senso e ne
rivela la tonalità affettiva.[…]
[…]
Il colore è davvero “metafora di affetti” e ancora di più, il colore tende al
ritrovamento dell’oggetto primario, significando un’aspirazione verso la
riappropriazione di un significato materno. […]
[…]
Infatti, sebbene classicamente la psicoanalisi abbia attribuito alla funzione
pittorica contenuti di tipo anale (dipingere come uno sporcare sublimato), ciò
si può riferire non tanto al colore in sé, quanto appunto all’atto stesso del
dipingere, come manipolazione della materia pittorica […] al colore possiamo
dare invece spiccate valenze orali legate ad esperienze di intensa affettività,
come un tendere al recupero dell’oggetto primario, in relazione appunto al
rapporto con il seno materno, quando il “vedere” era “incorporato”, nutrirsi del
volto e dei colori e della voce e del profumo di “lei”. […]
[…]
E la musica ha un effetto “incantamento”, come rimanda al ritmo del cuore
materno che il feto chiaramente percepiva, possiamo quindi riconoscere
l’esperienza del colore come anch’essa fascinazione primaria. Fascinazione che
è riflesso di quel perdersi di allora, sguardo nello sguardo.[…]
[…]
Goethe riconduceva il colore all’incontro di due fondamentali: blu e giallo,
una polarizzazione tra luce e ombra rivelatrice anche di una dialettica fondamentale
tra sentimento e ragione . Il suo universo cromatico è ordinato secondo una
logica binaria: il colore nasce dalla luce e dall’ombra. Una bipolarità, quella
di luce/ombra, che in sé esprime e contiene ogni altra polarizzazione
possibile: maschile/femminile; notte/giorno; caldo/freddo.
Ma
già prima di Goethe ogni popolo aveva scandito l’esperienza del colore secondo
la fondamentale contrapposizione luce-ombra […] inizialmente la terminologia
più elementare distingue soltanto tra oscurità e chiarezza e tutti i colori
sono classificati secondo questa semplice dicotomia; quando un linguaggio
contiene un terzo nome di colore, si tratta sempre del rosso. […]
[…]
Questo fa ritenere che agli inizi delle comunicazioni umane l’uomo avesse
soltanto due termini per indicare i colori: il bianco e il nero, come luce e
ombra, chiaro e scuro, prima di riuscire a distinguere il terzo: il rosso. Non
è ce il primitivo avesse una visione “monocromatica”, ma la sua capacità
linguistica era ridotta, e, poiché indubbiamente “la visione del colore è parte
integrante della nostra esperienza totale e diventa per ciascuno di noi parte
della nostra vita, parte di noi … il colore si fonde così con i ricordi, le
aspettative, le associazioni e i desideri, per costruire infine un mondo ricco
di risonanze e significati per ciascun individuo, possiamo ritenere che proprio
l’emergere dei primi nomi dei colori rispecchiasse la loro stretta relazione
con le emozioni.[…]
[…]
Ora, possiamo immaginare quali potessero essere per il nostro lontano
progenitore le esperienze emotive più intense, positive e negative, e
certamente una delle esperienze psicologicamente più violente doveva essere il
terrore al calar della notte. […] Una disperazione caotica forse lo assaliva,
progenitrice archetipa di tutte le immagini angoscianti, e sebbene questo
terrore di ogni notte si dissipasse a ogni alba, fu soltanto quando gli fu
possibile “narrarsi”, attraverso i miti, che ogni volta che il sole veniva “mangiato”
dalle tenebre sarebbe tuttavia risorto, dotato di nuova e indistruttibile vita,
che questo suo terrore panico potè calmarsi. […] E possiamo allora supporre che
fosse necessario anche nominare quelle prime esperienze fondamentali:
luce/tenebra-bianco/nero. Erano nati i primi colori che informeranno di sé ogni
altro colore possibile, cancellandoli tutti, il nero tenebra; rivelandoli
tutti, il bianco luce.
Quanto
al rosso, il terzo necessario, era altrettanto emozionalmente scatenante nelle
sue manifestazioni: come fuoco, calorico e benefico ma anche distruttivo e
divorante, apportatore di vita come di morte. […]
[…]
Emozionato, egli poteva confrontarsi, attraverso i propri colori con il cosmo
naturale, essendo il bianco-rosso-nero i colori del corpo e degli umori che
esso trasuda e delle sostanze che espelle: latte, sangue, feci,urina, lacrime,
pus mentre l’universo materiale gli doveva apparire “fratello” nel nero dei
carboni, nel bianco polveroso delle crete o in quello perlaceo della rugiada e
della pioggia; nei grumi sanguigni delle terre. […]
[…]
E il dialogare di questi colori nell’alterno avvicendarsi in noi degli affetti,
sempre che siamo capaci di ascoltare e “vedere”, ci svelerà le alchemiche
metamorfosi della vita.
Tratto
da:
A.Cresti, Colore e
Affetti in “La
Psicologia del colore” di M.Di Rienzo e C.Widman Ed.Magi
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